Il frutto dalla storia emblematica: il bergamotto calabrese
Chiunque attraversi lo stretto di Messina in una calda giornata primaverile non può fare a meno di sentire nell’aria un profumo intensissimo di fiori. A metà strada tra la zagara ed il limone, questa nota frizzante e soave caratterizza un pò tutto lo stretto.
Il profumo inebriante è quello dei fiori di bergamotto. È impossibile non sentirlo perché sovrasta tutti gli altri. Gli alberi di agrumi, che in autunno daranno i loro frutti, da marzo a maggio inoltrato sono ricoperti di fiori profumatissimi e, tra questi, vi è anche il bergamotto! Molto simile al limone, con cui si rischia di confonderlo, le origini di questo frutto sono a dir poco avvincenti e, la sua storia, è davvero enigmatica.
Iniziamo dal luogo
Una sottile striscia costiera lunga circa 150 Km compresa tra Monasterace e Villa San Giovanni. È in quest’area che cresce il bergamotto calabrese, e solo in questa! Da sola, essa copre oltre il 90% della produzione mondiale, e già ciò è alquanto singolare! È strano, per esempio, che la coltivazione non si sia sviluppata anche sull’altra costa calabrese, quella tirrenica; oppure che non riesca in Sicilia, visti i microclimi abbastanza simili tra le due regioni e l’adattabilità di questo agrume a tutti i tipi di terreno.
Ma, da dove arriva il bergamotto calabrese? A coltivarlo per la prima volta, in questi luoghi, fu una nota famiglia di Reggio Calabria “Signori Valentino” intorno al ‘700, dopo la scoperta dell’acqua di bergamotto, utilizzata nelle industrie cosmetiche e dolciarie; già… perchè nel ‘400 questo agrume, sgradevole da mangiare, era ormai presente a scopo ornamentale nei giardini di nobili famiglie italiane. A testimoniarlo, dipinti e aneddoti dell’epoca, come un documento, in cui si narra che un ramo di bergamotto venne offerto a Carlo V di passaggio a Roma già nel 1500.
E come giunse questo frutto fino alle coste calabresi?
Ai botanici ancora oggi, non è chiaro come si sia sviluppato! Se sia una varietà autoctona, probabilmente nata dalla mutazione genetica di un frutto antico simile al limone (il limon pusillus calaber) ; oppure se sia stato generato da un innesto, forse tra un arancio amaro e un cedro o un limone; o ancora se sia arrivato per mano di qualcuno da qualche angolo del pianeta fino in Calabria, dove ha poi deciso di restarvi.
E qui si arriva ad un groviglio di personaggi e intrecci, che non fanno che aumentarne il suo fascino.
Primo fra tutti, Cristoforo Colombo!
Tra le tante novità da lui introdotte pare abbia importato anche il bergamotto o qualcosa di simile, coltivandolo nelle isole Canarie (bergamotto deriverebbe da Berga città della Spagna). Fu così che, ad un certo punto della storia, un Moro di Spagna (la Spagna fu sotto dominazione musulmana XVI) vendette un ramo di questa pianta, per 18 scudi, all’antica ed illustre famiglia Valentino di Reggio Calabria.
Tuttavia, questo racconto, si intreccia con un altro, che vede il Moro scalzato da un tale Carlo Menza, che pare abbia avuto lui invece il pregio di portare a Reggio e ai Valentino un alberello di bergamotto, non si capisce da dove. C’è poi chi sostiene, che la piantina sia giunta dalla Cina, chi dall’isola greca di Porro, e chi ancora dalla Turchia dove esiste un frutto simile ad una pera il “beg-ar-mu-di”.
L’unica certezza è che in questo susseguirsi di vicende, la leggenda legata alla famiglia Valentino segna l’inizio del legame tra il bergamotto e la Calabria. E tra questo frutto e il mondo.
Alla corte di Le Roi Soleil, Luigi XIV di Francia.
Sì, perché a rendere noto al mondo il bergamotto e quindi ad incentivarne la sua coltivazione, fu tale Francesco Procopio, un nobile gentiluomo, in viaggio verso la Francia dalla Sicilia, Catania o Palermo. Costui, diretto alla corte di Luigi XIV, nell’attraversare lo stretto di Messina, rapito nell’olfatto da un fiore dal profumo intensissimo, ne raccolse il liquido in fusti di rame per portarlo al Re Sole.
“Fu l’inizio della sua fortuna. L’acqua al bergamotto (era questo il nome del misterioso liquido) inebriò e conquistò tutti i presenti. A Versailles in quell’epoca c’erano circa 15.000 persone tra nobili, dame, cortigiani e servitù: una platea davvero d’eccezione per un debutto altrettanto fuori dell’ordinario. L’acqua al bergamotto, infatti, dimostrò di possedere delle eccezionali proprietà igienizzanti in grado di porre rimedio ai problemi provocati dal divieto vigente dell’uso dell’acqua, responsabile secondo la classe medica di quell’epoca, della diffusione della peste e di tante infezioni. Il portentoso liquido donò agli ambienti regali una nuova, inusitata freschezza e una salubrità più consona alla maestà del luogo.” (Tratto da Consorzio della Tutela del Bergamotto).
Qualche secolo dopo, 1820, un tale Lord Charles Gray, degustò un tè proveniente da una nave colma di tè di ritorno dall’India. Questa nave aveva caricato in Calabria bergamotti. Gli agrumi contenuti nella stiva avevano (senza volerlo) aromatizzato quelle foglie di tè. Nacque così il celebre tè Earl Grey.
Negli anni, in molti hanno provato a replicare altrove la coltivazione di questo agrume. Esistono piantagioni in Africa, Asia e Sud America ma l’essenza che se ne ricava è qualitativamente inferiore.
Per questo crediamo nella storia che in fondo questo frutto, selvaggio e testardo, abbia “scelto” la sua dimora in questo angolo del pianeta. Perchè il suo profumo, possa restare nel ricordo della sua gente che emigra.